Foto di: ©Roberto Cotroneo
La fiducia è alla base delle nostre esistenze. Alimenta relazioni, orienta comportamenti, progetta futuro.
La crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2008 è stata accompagnata da una significativa perdita di fiducia. Prima è venuta meno la fiducia verso la politica e le istituzioni, poi verso i media e i giornalisti, ora verso le grandi piattaforme social che non rappresentano più luoghi affidabili, soprattutto quando si tratta di fruire di notizie e informazioni.
Di contro, ciò che sembra farsi strada è la fiducia nell’altro come me. Una fiducia data all’altro perché sentito simile, prossimo. Semplicemente: un altro me. Nel formarsi un’opinione, infatti, le persone guardano sempre più ai pari (“le persone come me”) ritenendoli credibili quanto gli esperti accademici. È il modello culturale del Trip Advisor che ha superato, e ormai sostituito, le recensioni dell’esperto, le guide di un tempo.
La conferma ci arriva dal World Economic Forum di Davos dove è stata presentata l’edizione 2019 del Trust Barometer di Edelman, che da diciannove anni misura l’indice di fiducia dei cittadini in 27 paesi nel mondo, con un campione totale di 33.000 interviste condotte on-line tra il 19 ottobre e il 16 novembre 2018.
Nel rapporto Edelman 2019 emerge un cittadino che prende voce, aumenta la propria partecipazione, produce notizie e informazione. In un anno il numero di persone che fungono da “amplificatori” (consumando notizie e condividendo o pubblicando contenuti) aumenta di 14 punti nel mondo e ben di 18 punti in Italia (passando da 27 a 45).
È un cittadino che non ritiene che il “sistema” stia lavorando per lui; sente forte il senso di ingiustizia, derivante dalla percezione di una élite indifferente alla volontà delle persone e che si arricchisce più di quanto meriti; sente forte la mancanza di fiducia nelle capacità dei leader istituzionali nel risolvere i problemi del paese; sente forte il desiderio di cambiamento attraverso riformatori energici posti in posizioni di potere.
È un cittadino pessimista sulle prospettive economiche (in Italia solo il 34% del largo pubblico pensa che lui e la propria famiglia miglioreranno nei prossimi cinque anni; percentuale che scende addirittura al 21% in Francia), che ha paura di perdere il lavoro a causa di poca formazione, mancanza di competenze specialistiche, automazione e innovazione dei processi produttivi. È un cittadino con poca speranza nel pensare che i propri figli avranno una vita migliore.
Ma in questo scenario a chi o a cosa guardare per comprendere e ricostruire futuro?
Per ora sembra che la partecipazione sfoci per lo più in protesta (nelle molte piazze o nell’espressione ostile sui social). O nella ricerca illusoria di leader onnipotenti.
Ma c’è la possibilità di pensare ad aggregazioni competenti? A nuovi modelli che nascano spontaneamente dal basso per superare il pericolo di atomismo sociale o l’accentramento di potere statale? Aggregazioni fondate sul pensare competente che siano nuovo tessuto connettivo, espressione di vitalità, ritrovata speranza, passione nel promuovere una società migliore?
Come proposto da Luciano Floridi, filosofo italiano che insegna a Oxford, “È dal disegno condiviso di un progetto umano degno del nostro secolo che bisogna partire. In un impegno sociale di tutte le forze buone. Perché il singolo sforzo, da solo, è inutile. In Italia esiste una enorme riserva di buona volontà, di capacità ed esperienza, d’intelligenza. Lo dimostrano gli oltre sei milioni e mezzo di volontari. Serve una soluzione nuova, contemporanea, che non scopiazzi il passato, che accolga tutte le buone volontà e le tante competenze.”
L’impegno civico nella comunità contribuisce alla fiducia sociale complessiva.
C’è bisogno di nuove correnti di pensiero, di espressione artistica, di evoluzione sociale. Urge competenza.