Lo stato d’animo è turbato. Aleggia un senso di apprensione, quasi di ansia, provocato soprattutto da incertezza, timore e preoccupazione. L’Europa, da donna bellissima di cui Zeus si innamorò, sembra ora concentrare le inquietudini tipiche del nostro tempo “occidentale”: pianeta e futuro a rischio; razzismo e fallita integrazione multiculturale dei popoli; terrore islamico.
Inquietudini che non sembrano trovare risposta.
Sono questi i primi risultati della ricerca sulla percezione di Europa che in Culture abbiamo condotto utilizzando un innovativo algoritmo di analisi semantica. In poco più di un mese, tra il 13 febbraio e il 25 marzo, sono stati raccolti e analizzati oltre 400.000 tweet contenenti le parole chiave: Europa o UE.
Quella che emerge è una chiara mappa dei principali campi semantici e associativi, che compongono la percezione di Europa, in relazione tra loro entro uno spazio fattoriale. La vicinanza o contrapposizione dei cluster e l’articolazione delle parole al loro interno forniscono indizi per interpretarne senso e significato emozionale.
A sinistra della mappa, sull’asse orizzontale, si evidenziano raggruppamenti (cluster di parole) che ci narrano di Europa: nostra, da cambiare, futura, grande, unita. Troviamo il manifesto “SiamoEuropei” di Carlo Calenda (con il PD di Zingaretti,+Europa e i giovani di VoltItalia); i tweet delle campagne europee per le Elezioni “StavoltaVoto” e “IchooseEurope”; il progetto di Macron. Troviamo la parola speranza [che è attesa fiduciosa di quanto si desidera], ma anche la parola paura [un senso di insicurezza, di smarrimento]. Appelli al cuore e all’azione.
Sul fronte opposto, nella parte destra della mappa semantica, si evidenziano raggruppamenti di parole che guardano alla UE. Un’Unione Europea lontana, a Bruxelles, fatta di stati, commissioni, banche. Si parla dell’Inghilterra e di Farage; di Claudio Borghi e dell‘Euro. Troviamo la parola uscire [dal lat. exīre, comp. di ex «fuori» e ire «andare», raccostato a uscio, andare fuori dall’uscio, da un luogo chiuso o che si considera circoscritto da confini determinati]. Troviamo parole come crisi, recessione, deficit, infelice [dal lat. infelix –icis, propr. «infecondo»]. Accanto un cluster di parole sulla Cina e la via della seta, la Russia, Trump, i dazi, l’export. Un’Unione Europea usata o da usare.
In basso, sull’asse verticale, si evidenzia un’Europa legata alla politica e all’azione di governo: finanziare opere pubbliche (la TAV, il ponte di Genova); i partiti e la permanente campagna elettorale; Salvini Ministro dell’Interno; M5S e Gilet Gialli; la gestione dei migranti. Troviamo la parola democrazia [dal gr. δημοκρατία, comp. di δῆμος «popolo» e -κρατία «-crazia», forma di governo in cui il potere risiede nel popolo] e la parola assente [dal lat. absens –entis, part. pres. di abesse «essere lontano», che non è nel luogo in cui dovrebbe essere].
Al centro della mappa, pressanti e inascoltate, le inquietudini delle persone. È il cluster di parole più consistente, rappresenta il 24% dei tweet totali. Si denuncia lo schifo, ci si chiede perché, risulta difficile capire [dal lat. capĕre, poter stare o entrare in un luogo, esservi contenuto]. Un’Europa tradita, ferita, che brucia di razzismo. Un’Europa che manifesta in piazza con i giovani e Greta. Un’Europa da rialzare.
Sono inquietudini intrise di emozione. Possono essere ascoltate, pensate, prese sul serio, ritenute utili per cercare soluzioni e attivare politiche di intervento. Affrontare le paure per vincere le sfide sociali, senza cadere nel senso di impotenza di chi si sente sopraffatto dagli eventi.
Oppure posso essere sfruttate e manipolate.