Pandemie future: accordo OMS sui dati sanitari

Oggi al via la 78° Assemblea mondiale della sanità con il motto “One World for Health” (Un Mondo per la Salute). Raggiunto l’accordo sullo scambio di dati relativi a patogeni, diagnosi, vaccini e farmaci.

Dopo un anno di trattative, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raggiunto un’intesa su un piano di azione globale in caso di un’eventuale crisi sanitaria mondiale. In occasione della 78° Assemblea mondiale della sanità che si apre oggi, verrà votato il testo dell’accordo tra i Paesi aderenti che, al fine di accrescere la sorveglianza delle minacce di livello pandemico, prevede – tra le altre misure – la condivisione dei dati su diagnosi, vaccini e farmaci, stabilendo le condizioni di accesso a una nuova piattaforma (PABS) che consente la rapida condivisione tra Stati e aziende farmaceutiche dei dati sui patogeni.

Accordo storico. È solo la seconda volta nei 75 anni di storia dell’OMS che i Paesi membri raggiungono un accordo vincolante (l’ultimo risale al 2003 con il trattato per il controllo del tabacco), a conferma del fatto che una sanità moderna è necessariamente digitale e guidata dai dati. Nella stessa direzione si è mossa la Commissione europea.

A Bruxelles, il tema dei dati sanitari è rimasto per anni ai margini del dibattito politico, fino a quando la pandemia da Covid-19 ha dimostrato con forza quanto l’accessibilità e la qualità dei dati siano essenziali per una risposta sanitaria efficace. Il cambiamento si è concretizzato con l’adozione, lo scorso marzo, del regolamento European Health Data Space (EHDS), che introduce un quadro giuridico condiviso per la raccolta, la condivisione e il riutilizzo dei dati sanitari all’interno dell’Unione.

A supporto dell’iniziativa, una coalizione composta da 39 tra le più autorevoli realtà del panorama sanitario europeo ha firmato una dichiarazione congiunta nella quale si plaude alla pubblicazione del regolamento sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE, auspicando la creazione tempestiva di un Forum degli stakeholder per una governance inclusiva e trasparente del nuovo spazio dei dati sanitari.

Tra le raccomandazioni più significative emerge l’esigenza di sviluppare, nel corso del quadriennio transitorio, casi d’uso concreti nei diversi contesti: dai singoli cittadini ai ricercatori, fino ad aziende sanitarie pubbliche e private. L’obiettivo è duplice: da un lato, rendere evidente il valore dello scambio transfrontaliero di dati e conoscenze; dall’altro, costruire una solida base formativa su data governance e alfabetizzazione digitale, che costituiscono prerequisiti indispensabili per una partecipazione consapevole all’EHDS.

Questa transizione prefigura due trasformazioni chiave: una culturale e una infrastrutturale.

La diffidenza da parte dei cittadini nella condivisione dei propri dati sanitari, spesso motivata dalla percezione di un rischio o dalla mancanza di vantaggi immediatamente tangibili, rappresenta un ostacolo significativo. Occorre quindi investire in campagne informative capillari, capaci di contrastare le narrative distorte e di spiegare i benefici specifici – anche individuali – derivanti da un uso sicuro e regolamentato dei dati, senza rinunciare al pieno controllo da parte dei soggetti interessati. Il principio fondamentale resta la fiducia: senza un ecosistema trasparente e garantista, la disponibilità al dato resterà un potenziale inespresso.

Anche volendo superare l’idea di “proprietà esclusiva” del dato, i pazienti si confrontano oggi con un ecosistema frammentato, basato su sistemi a silos e marcate asimmetrie informative. Per garantire un uso primario efficiente e un uso secondario strategico del dato sanitario, è indispensabile un salto infrastrutturale che favorisca l’interoperabilità tra soggetti pubblici e privati.

Infrastrutture come MyHealth@EU e le iniziative pilota dell’EHDS (tra cui la creazione di un’infrastruttura europea di imaging digitale per il cancro) vanno in questa direzione, ma richiedono un’adesione proattiva da parte di ospedali, centri di ricerca e istituzioni sanitarie. Solo così sarà possibile garantire che i dati viaggino in modo sicuro, standardizzato e realmente utile.

Del resto, circa il 30% dei dati generati nel mondo è legato alla salute, secondo recenti analisi. Questo patrimonio informativo – che include cartelle cliniche, prescrizioni digitali, immagini diagnostiche, dati da dispositivi indossabili e persino sequenziamenti genomici – rappresenta una risorsa strategica per la medicina predittiva, personalizzata e preventiva. Ma senza regole comuni, infrastrutture condivise e un consenso sociale diffuso, rischia di restare inutilizzato o, peggio, frammentato.

In questo contesto, un’importante occasione di confronto sarà il Data Summit in programma il prossimo 6 giugno alla Camera dei Deputati, dove istituzioni, esperti e stakeholder discuteranno come promuovere un ecosistema europeo del dato sanitario che sia affidabile, sicuro e innovativo. Un appuntamento cruciale per riflettere sul futuro della salute digitale e sul ruolo dell’Italia in questa trasformazione.