Stiamo vivendo un momento interessante.
Alla confusione (confundĕre) del mescolare o riunire insieme alla rinfusa, sembra affiancarsi un pensiero generativo, che struttura differenze e dà un nuovo senso all’agire umano. Privati di certezze e punti di riferimento chiari, emergono riflessioni, si attivano energie e si delineano punti di costruzione sinergica.
E si torna a pensare al bene comune. Si torna a pensare alla progettualità di questa nostra umanità.
Luciano Floridi (i filosofi sono spesso i primi ad avviare una riflessione ponendo grandi domande) si chiede: “La nostra società, da grande, cosa vuole essere? Cosa vuole fare? Qual è il nostro progetto, al di là di farci un po’ gli affari nostri?”.
“Abbiamo l’opportunità di un progetto sociale in cui ricordarsi che la felicità non è soltanto dell’individuo. C’è la felicità del pianeta. C’è la felicità di tutta una popolazione. C’è la felicità di una specifica società. Pensare in maniera seria a quello che vuol dire preparare un progetto umano per la società dell’informazione.”
“…un’operazione di cura del mondo. Avvantaggiare sia economicamente sia socialmente la società che genera questa cura… Sarebbe bene che ne cominciassimo a parlare.”
La proposta di Marco Bentivogli (Segretario Generale FIM Cisl, promotore con il Ministro Calenda del Manifesto “Industria, Lacoro, Competenze 4.0) è netta e chiara.
In una lettera al Corriere della Sera “Nel Paese ora è tempo di ricostruzione civile” sottolinea la necessità di “incidere per ricostruire legami sociali e umani, separare i problemi veri dalle false paure. Le nuove disuguaglianze non riguardano solo il reddito, coinvolgono l’accesso alla partecipazione, alla cultura, all’informazione di qualità, ai servizi… riappropriarsi dell’idea di futuro e dare uno spazio di protagonismo propositivo alle persone, ai corpi sociali: questo è il cantiere da aprire subito. Mettere insieme chi non si è arreso alla cultura degli alibi è la sfida dei prossimi giorni.”
Progettare le forme della convivenza per ritrovare uno spazio al bene comune e dare credibilità alla speranza per l’umano. Scrive Luca De Biase: “il valore è nella capacità di interpretare la realtà e di immaginare le forme e le dinamiche del suo cambiamento. Magari partecipando alla sua realizzazione…. “.
E ancora, Enrico Giovannini nel suo ultimo libro afferma “…Per costruire un futuro migliore ci serve un’utopia. Un’utopia sostenibile… Fame, salute, acqua, povertà, energia, infrastrutture, occupazione, disuguaglianze, clima, pace, istruzione sono questioni che si affrontano solo con un pensiero integrato e il concorso di forze politiche, economiche e sociali. Continuare a pensare e ad agire come nel passato vuol dire far precipitare il nostro mondo in una profonda crisi ambientale, economica, sociale. È richiesto l’impegno di tutti e un profondo cambiamento del modo in cui leggiamo e affrontiamo i problemi che ci circondano.”
Bene. Il cantiere è aperto.
Ora mettiamoci al lavoro, il futuro non aspetta.
Foto di ©RobertoCotroneo