“Nel 2017 il 38,8% delle persone di 18-74 anni ha effettuato almeno un’attività di formazione. Quota in aumento di circa 4 punti percentuali rispetto al 2012.”
La buona notizia ci arriva, come un dono di Natale, il 21 dicembre da Istat.
Bene. La formazione è il pilastro su cui costruire il futuro del lavoro.
Come già evidenziato nell’articolo “La competenza salverà il mondo“, i nuovi lavori richiederanno più istruzione e competenze rispetto a quelli che andranno persi. Bisogna prepararsi, acquisire nuove competenze e adattarsi a occupazioni in rapido cambiamento.
Tuttavia, andando ad approfondire i dati, scopriamo che la partecipazione ad attività di formazione, formale o non formale, riguarda soprattutto le persone già molto istruite (70% laureati), o in posizioni lavorative apicali (68% dirigenti, imprenditori e liberi professionisti), che cercano di migliorare ulteriormente la propria occupabilità attraverso la padronanza di temi e tecnologie all’avanguardia. Mentre sono pochi gli operai (38%) e gli occupati in professioni non qualificate (31%) che partecipano a programmi formativi.
Allarmante il dato sui disoccupati. Solo il 24,7% prende parte a corsi di formazione formale o non formale.
Partecipazione per titolo di studio (grafico Istat)
Partecipazione per posizione professionale (grafico Istat)
È necessario ripensare i sistemi educativi e i programmi di formazione per garantire a tutti di acquisire le competenze che prepareranno a un mercato del lavoro in rapida evoluzione. E tutti i lavoratori dovrebbero essere al centro di questa pianificazione.
Per progettare soluzioni formative efficaci è fondamentale partire dalle aspettative e dalle culture dei lavoratori, soprattutto di quelli più vulnerabili.
Con l’aiuto dei dati.