A pochi giorni dalla celebrazione dei 60 anni dei Trattati di Roma, vale la pena interrrogarsi su cosa sia diventata l’Europa, su quanto sia cambiata la sua immagine rispetto a quella che ne avevano i padri fondatori, su come venga oggi percepita dai cittadini italiani. Per rispondere a questi interrogativi, è interessante esplorare i social network, che rappresentano oggi il più vivace luogo di conversazione pubblica, in grado di rivelare non solo i sentimenti e le valutazioni più immediate, ma anche le posizioni più sfaccettate assunte nei confronti dell’Unione Europa, restituendo un variegato ritratto di come vengano recepiti gli accadimenti.
In particolare, in questa sede la scelta è caduta su Twitter, la famosa piattaforma di microblogging, luogo di un continuo e acceso confronto di opinioni sul tema europeo. Facendo riferimento a un intervallo di tempo di un mese- tra l’11 gennaio e l’11 febbraio scorso -, sono stati raccolti e analizzati circa 155.000 tweet, selezionati in base alla presenza di due parole chiave: Europa e UE.
I tweet raccolti sono stati trattati con tecniche statistiche di analisi multivariata. Rispetto ad altre metodologie di elaborazione e analisi dei dati oggi invalse, si tratta di una scelta più tradizionale eppure peculiare, mirata a comprendere come si organizzano le conversazioni in rete intorno all’oggetto “Europa”, partendo dall’assunto che i processi emozionali influenzano il modo in cui le persone rappresentano la realtà e la narrano. In altre parole, è l’emozione che ci guida nell’istituire relazioni con gli oggetti del contesto, sulla base di simbolizzazioni affettive e di rappresentazioni sociali. Le parole esprimono emozioni, e dunque manifestano il modo di funzionare della mente. Un funzionamento fondato (come teorizzato dallo psicoanalista cileno Ignacio Matte Blanco) su una doppia logica: il pensiero asimmetrico, cosciente, che ci fa entrare in rapporto con un contesto o un evento; e il pensiero simmetrico, emozionale, che quel contesto o evento immediatamente suscita in noi. Se la dimensione conscia organizza la sequenza delle parole in modo da essere comprensibile, quella inconscia influenza la scelta delle parole utilizzate per rappresentare l’oggetto. Le associazioni tra le parole, e la loro articolazione in un testo, ci raccontano allora della nostra relazione con il mondo: che si tratti di una relazione mediata e cosciente, che distingue chiaramente soggetto e oggetto, o di una immediata ed emozionale, che invece ci proietta nell’identità con l’oggetto e nell’adesione “confusa” con l’evento (Matte Blanco, 1995). Per questa ragione, l’analisi delle conversazioni in rete deve saper oltrepassare il livello del vocabolo, e dell’aggregazione di vocaboli in insiemi, per mirare al testo come entità di significato strutturata: solo così è possibile cogliere la “densità” emozionale delle parole attraverso specifici modelli di conoscenza e appropriate tecniche statistiche multidimensionali.
L’analisi multivariata consente di trovare le relazioni tra i nodi (raggruppando le parole in cluster) e i modelli di conoscenza psicosociale individuano le categorie che danno senso agli eventi – ossia, i significati emozionali attribuiti agli eventi dagli attori partecipanti a un determinato contesto.
L‘analisi condotta ha individuato le dimensioni più significative, ha evidenziato cinque cluster lessicali e interpretato le relazioni tra i cluster all’interno del piano (le coordinate geometriche indicano la posizione della parola, lemma, sugli assi).
Ed ecco il risultato di quella che potremmo definire: la “mappa emozionale” dell’Europa.
Sull’asse orizzontale emerge una contrapposizione tra “stabilità” e “iniquità”: una netta contrapposizione tra il potere politico costituito, teoricamente originato dal basso ma sentito come dato di fatto immodificabile, e la protesta di stampo populista, non democraticamente costruttiva ma insieme partecipata e turbolenta.
Il Cluster 1 di parole parla delle “istituzioni” europee. Si tratta di un raggruppamento caratterizzato dai tweet sull’elezione di Antonio Tajani a nuovo presidente del parlamento europeo e della relativa sconfitta di Pittella, nel quale ricorrono parole di congratulazioni, ma anche di irritazione e di contrapposizione (urtare, sensibilità) da parte di chi non si sente rappresentato. La posizione del cluster è significativa rispetto all’asse orizzontale, situata verso l’estremo della “stabilità”: indice di una situazione istituzionale percepita come definita, ma proprio per questo potenzialmente lontana ed estranea. Un’Europa istituzionale che rischia di vedere arrivare forze populiste (Salvini, Grillo) e di divisione (Brexit).
Il Cluster 3 narra della “protesta populista”. Si tratta dei tweet per bloccare i migranti con il blocco navale davanti alla Libia (Alfano, iprocriti, incapaci, ridicoli); su un Renzi e l’Italicum incostituzionale; su un Paese precario. Domina una forte sensazione di impotenza di fronte ai grandi problemi come i migranti e la crisi economica. È forte la presenza della parola “chiedere”: una richiesta piena di rabbia e sconforto. La posizione del cluster è vicina al polo dell’“iniquità”, del disordine percepito in uno stato di cose qui tutt’altro che stabile, ma anche lungi dall’essere ben governato (incontrollato, petizione, corruzione, muro, invasione).
Sull’asse verticale si evidenzia la contrapposizione tra “dinamismo” e “impotenza”.
Appare subito significativa la posizione del Cluster 2 formato da parole che narrano di “successo“ e di unione, di vittoria e di forza: è interessante che i soggetti del discorso siano da un lato i campioni del potere politico ed economico – la Merkel, Draghi, lo stesso Prodi – e dall’altro i campioni sportivi, protagonisti dei confronti calcistici a livello continentale. Nel primo caso, la forza è però espressa a prescindere dal consenso: emergono parole come “scattare”, “permettere”, “presto” “velocità” (l’Europa a due velocità), ma anche “vergognarsi”, “colonia”, “imporre”, e perfino “resa”. In qualche modo, gli unici rappresentanti di un’Europa davvero vincente e convincente restano quindi i calciatori (League, squadra, juve, napoli, giocare, coppa, Champions, gol).
Sul lato opposto, il Cluster 5 guarda con “allarme” al “nascere” di movimenti come quello di Marine Le Pen in Francia; narra di tensioni, tradimenti, isolamento, parla di “spendere”, di fondi per ricostruire le zone colpite da terremoto. In sintesi, i rischi per l’Europa: la necessità di “soccorso” si scontra con il diktat di “obbedire”; chi è “affamato” deve confrontarsi con “tagli”. La proiezione sull’asse è verso il polo dell’ ”impotenza”, che vede la compresenza di emergenza e propaganda. Vale la pena di ricordare qui quel che scrive lo psicoanalista Renzo Carli, secondo cui l’impotenza è l’emozione che assale chi ha a che fare con una situazione simbolizzata come “nemica”: in questo senso “il pretendere, il diffidare, il preoccuparsi, il lamentarsi, il provare rabbia: sono tutte emozioni che hanno a che fare con la paura dell’impotenza, quale potremmo vivere se ci trovassimo confrontati con una realtà nemica, senza le risorse per distruggerla o per fuggirne.”
Sull’asse verticale, che espone l’alternativa tra dinamismo e impotenza, si confrontano così i successi del potere economico – ma anche quelli sportivi – ai quali fanno da controcanto i problemi, gli allarmi, le difficoltà che affliggono i cittadini sempre più incerti sulla possibilità di far loro fronte.
Stabilità e iniquità, dinamismo e impotenza articolano le emozioni oggi espresse da chi parla di Europa.
Resta tuttavia un ultimo cluster, situato in posizione più centrale rispetto agli altri. Nel Cluster 4 troviamo la dicotomia tra apertura e chiusura; dicotomia generatrice di ambivalenza, paura, angoscia. L’apertura al plurale, alla non discriminazione, ai valori di una identità europea, al pilastro di una società unita, si scontra con il terrore del caos e della distruzione del proprio habitat, la protezione dei confini (come Trump) per proteggere la nazione, evitarne la violazione. La centralità di questo cluster è indice di quanto il rapporto con l’Europa sia saturo di paure, emozioni di base che sembrano attraversare l’intero discorso in tutte le sue articolazioni. Come se per parlare di Europa, oggi, a sessant’anni dal suo primo vagito – che si guardi all’ordine costituito o al disordine ingovernabile, alla forza del potere o all’impotenza di fronte all’emergenza e alla propaganda – non si possa che ripartire dalle paure che dilagano. Un’Europa che promette stabilità e dinamismo, ma che guarda impotente alle paure e al bisogno di superare le iniquità.
E proprio questi giorni di festeggiamento per i 60 anni dell’Europa possono rappresentare un importante momento di riflessione collettiva: per avvicinare le istituzioni ai cittadini e per aprire alla possibilità di esplorare e “pensare” le paure e le sfide sociali (senza cadere nel senso di impotenza di chi si sente sopraffatto dagli eventi). Sono molte le attività e i momenti celebrativi previsti per questa settimana ed è ampia la partecipazione che sta nascendo in rete: viene in mente la Marcia per l’Europa, ma vengono anche in mente iniziative spontanee come quelle del gruppo Facebook “Invito per una festa europea”, un gruppo nato “per festeggiare i 60 anni del Trattato di Roma e per sollecitare la riforma dell’Europa perchè possa funzionare meglio”.
E allora, buon compleanno Europa!