Approfondiamo il tema della trasformazione digitale in un’intervista con lo psicoanalista Renzo Carli e con Rosa Maria Paniccia professore associato di psicologia clinica all’Università “Sapienza” di Roma.
Siamo in un momento di profonde trasformazioni sociali: cambia il modo in cui ci teniamo informati, come curiamo le nostre relazioni e le modalità con cui svolgiamo il nostro lavoro…
RM Paniccia – Il digitale ha realizzato il mio sogno infantile di essere la figlia di un giornalaio, per poter stare nell’edicola a leggere tutti i fumetti che mi pareva e piaceva, e i giornalini e i giornaletti. Confesso che questa possibilità di attingere a una molteplicità di dati mi interessa enormemente, anche come ricercatrice, perché l’accesso che la rete dà all’informazione è molto più ampio e variegato rispetto a quello di una fonte puramente qualificata come scientifica.
R Carli – Pensiamo all’enorme facilitazione che le tecnologie digitali hanno per esempio in rapporto ai consumi. L’e-commerce, dimensione assolutamente poco sviluppata in Italia rispetto ad altri paesi, facilita enormemente l’accesso ai negozi e la possibilità di scelte “continue” di nuovi prodotti, con modalità di acquisto sempre più semplici. Io in due giorni ricevo qualsiasi tipo di libro da Amazon o da altre strutture, e questo mi facilita enormemente rispetto al dover andare in libreria. La mia scelta avviene su un catalogo praticamente infinito e sulla possibilità di avere rapidamente i prodotti. E ciò avviene su tutti i tipi di prodotti (libri, vestiti, cucina ecc).
Quanto alla comunicazione ci siamo più abituati a una dimensione concisa, a un messaggio molto più semplice e più rapido.
Come stanno mutando le relazioni?
R Carli – Nei giovani la possibilità di un contatto continuo con gli altri erotizza la relazione. Non nel senso sessuale, ma nel senso dell’emozionalità implicata. I giovani sono implicati h24 in questo tipo di coinvolgimento emozionale, certamente meno presente quando il gruppo amicale era più controllato ed era allo stesso tempo più limitato.
La scuola non utilizza istituzionalmente lo strumento digitale con i ragazzi; e i ragazzi riorganizzano il gruppo classe autonomamente, anche sul piano emozionale, sul piano di un contatto continuo, di continui scambi di opinioni, di esperienze e di conoscenze.
Credo che si stia creando una specie di scuola parallela, di esperienza di apprendimento parallelo, che è anche collegabile a un investimento emozionale sull’apprendimento; cosa che per esempio nel rapporto diretto con la scuola è più difficile.
Quali nuove risorse offre il digitale?
RM Paniccia – Io credo che con gli anziani ci sarebbe un grande spazio di intervento, se si creassero dei servizi. Le persone molto anziane sono tendenzialmente isolate a casa loro. Se si riuscisse ad avvicinarle a questo mondo, che consentirebbe loro di frequentare, di vedere, di impicciarsi, di fare, sarebbe una grande risorsa. Non si tratta solo della possibilità di monitorare pazienti anziani e cronici, come spesso si pensa in ambito sanitario, ma di intervenire contro l’isolamento delle persone anziane.
E quali gli ostacoli allo sviluppo del digitale in Italia?
R Carli – Io penso che il più grande ostacolo alla diffusione degli strumenti digitali sia il loro sfuggire a un controllo autoritario. C’è una perdita del controllo che le strutture sociali hanno su una comunicazione che sembra apparentemente ingovernabile. Si spinge molto sull’idea che internet faciliti tutte quelle trasgressioni che in qualche modo la cultura cattolica voleva evitare, prima tra tutte la pornografia, ecc.
Ma io penso che, di fatto, stiamo sperimentando una nuova democrazia. Una democrazia fatta di attenzione alla risposta dell’altro. Credo che la relazione “io-tu” sia molto ampliata e meno vicina ai sistemi di controllo.
RM Paniccia – In Italia siamo abituati a dei gruppi di potere molto più che a una competenza relazionale. Vedo che tu spesso usi come parola chiave la parola fiducia, certamente molto centrata, molto significativa di un problema contemporaneo.
Come creare o ricostruire fiducia, è una questione che certamente passa dalle culture. Già la parola che tu scegli punta sulla relazione e non sulle tecnologie.