Neet, è anche una questione di genere

Negli ultimi anni la transizione tra istruzione e lavoro è diventata più prolungata e sempre più imprevedibile, con giovani che cambiano lavoro più frequentemente e impiegano più tempo a stabilirsi nel mercato del lavoro, per scelta o per necessità. Inoltre, è diventato sempre più comune trovare studenti dell’istruzione terziaria che svolgono lavori part-time o stagionali per integrare le loro entrate o giovani già occupati che cercano un ritorno all’istruzione e alla formazione per migliorare le loro qualifiche (con lezioni serali o apprendimento a distanza). La transizione è diventata meno chiara, meno netta, con una crescente percentuale di studenti che lavorano e di persone occupate che studiano. E di giovani che non lavorano e non studiano.

Eurostat ha pubblicato oggi i nuovi dati sui giovani in Europa, soffermandosi in particolare sul fenomeno dei NEET (Not in Empoloyment, Education or Training).

Tra i 18 e i 24 anni il 40,4% dei giovani europei studia, il 27,4% lavora, il 17,8% studia e lavora, il 14,3% è Neet.

In Italia il numero dei giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione è altissimo: uno su quattro. Siamo al 25,7% (quasi il doppio della media europea) risultando il paese con la quota più alta di Neet in Europa.

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Un Paese disorientato, dove i giovani guardano con incertezza, a volte paura, al futuro.

Ma approfondendo il dato sui Neet, emerge anche un altro fenomeno correlato: quello delle differenze di genere.

Se nella fascia tra i 18 e i 24 anni il numero di Neet è leggermete maggiore tra i maschi rispetto alle femmine (26,1% Maschi; 25,4% Femmine), mano a mano che aumenta l’età si crea un vero e proprio divario.

Tra i 30 e i 34 anni d’età il numero dei Neet è di 19,7% per i Maschi e di 38,5% per le Femmine.

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Grafico elaborato con dati Eurostat.